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UN CYBER ATTACCO PUÒ AVERE CONSEGUENZE MOLTO GRAVI

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UN CYBER ATTACCO PUÒ AVERE CONSEGUENZE MOLTO GRAVI

A inizio febbraio la Regione Sardegna ha subito un attacco ransomware da parte del gruppo cybercriminale Quantum Locker.

L’attacco ha causato conseguenze molto più gravi del previsto.

Cosa è successo?

Il malware, che si è diffuso in almeno 50 server, era stato installato per errore dai tecnici informatici, convinti di avere a che fare con un software apparentemente legittimo.

L’incidente, nell’immediato, ha causato lo stop di alcuni servizi, ripristinati abbastanza celermente, ma non è questo purtroppo l’aspetto più drammatico della questione.

L’attacco non è stato confermato ufficialmente dalla Regione, fino a che, mesi dopo, Quantum Locker ha pubblicato nel Dark Web oltre 170 mila file, per un totale di 155 Gigabyte di dati sottratti.

Si tratta di un numero esorbitante di informazioni delicate e riservate, incluso l’accesso al computer di un Direttore Generale dell’Amministrazione Regionale, e supera decisamente le ottimistiche valutazioni della PA, che aveva decisamente sottostimato i rischi dell’incidente.

Indip, periodico di informazione indipendente, è stata la prima testata a dare notizia dell’attacco, avvisando anche del rischio di esfiltrazione e pubblicazione dei dati, e fornendo continui aggiornamenti sulla questione (un ringraziamento particolare a Raffaele Angius che ha seguito la storia dall’inizio).

La Regione, d’altro canto, successivamente al ripristino dei server danneggiati, non ha preso ulteriori provvedimenti nel corso dei mesi successivi, come a voler dimenticare l’accaduto, e commettendo il grave errore di non considerare le immediate conseguenze di un cyber attacco di questa portata.

La sorpresa finale

Ad una settimana dalla pubblicazione dei dati, arriva finalmente la conferma ufficiale dell’attacco e un’ulteriore sorpresa.

La Regione, infatti, pretende ora che la responsabilità ricada su SardegnaIT, la società creata appositamente per amministrare i server della PA, e chiede la risoluzione del contratto che le lega, mettendo a rischio il posto di lavoro di 116 dipendenti.

Regione Sardegna diventa di fatto una delle principali vittime italiane di crimini informatici, oltre che il più grande furto di dati nella PA, ma resterà nota, ahimè, anche per la negligenza con cui l’attacco è stato gestito.

SardegnaIT, che può avere solo la Regione come cliente, rischia la sua stessa sopravvivenza.

Conclusioni

È arrivato il momento di comprendere che i cyber attacchi possono avere conseguenze reali e tangibili, spesso anche gravi, per le inadempienze che consentono ai criminali di penetrare facilmente nei sistemi e di abusare dei dati di cui entrano in possesso.

La formazione e la sensibilizzazione del personale sui rischi del digitale va considerata una priorità al pari di strumenti informatici e strategie difensive.

Ma, soprattutto, è prioritario valutare meglio i reali rischi che la Cyber Security comporta.

Buon lavoro!

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CYBER SECURITY FEMMINILE IN ITALIA: ECCO L’IDENTIKIT

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CYBER SECURITY FEMMINILE IN ITALIA: ECCO L'IDENTIKIT

Con Women For Security abbiamo deciso di lanciare la Survey sulla Cyber Security femminile in Italia, con lo scopo di ottenere maggiori informazioni sulle professioniste della Sicurezza Informatica nel nostro paese.

Questi dati, che ancora mancavano a livello nazionale, sono utili a fotografare la situazione delle Cyber Ladies italiane, i ruoli e le mansioni che ricoprono, ma soprattutto le difficoltà e le sfide che riscontrano.

Dieci mesi dopo, ecco il risultato …e qualche sorpresa.

Le Cyber professioniste italiane: numerose e preparate!

La survey ha ottenuto 222 risposte, un numero che ha superato le nostre aspettative.

Il campione contiene professioniste, quasi totalmente di nazionalità italiana (98%), di età compresa tra i 26 e i 65 anni, che già lavorano o si stanno preparando per lavorare nel settore della Cyber Security.

Oltre la metà delle rispondenti è laureata (55%), mentre un terzo (31%) ha conseguito una formazione post-laurea.

La maggioranza (81%) ha anche conseguito una formazione specifica per il settore, mentre quasi un quarto (19%) invece non ne ha avuto bisogno.

Gli anni di esperienza nella Cyber Security sono variegati: oltre un quinto (26%) è relativamente nuova del settore e ci lavora da 1-3 anni, mentre quasi un quarto (17%) sono veterane che se ne occupano da oltre 10 anni; il 16% da 3-5 anni, il 13% da 5 a 10 anni.

Alla Cyber Security ci si avvicina prevalentemente per curiosità, la predisposizione un po’ “nerd”, il caso o le offerte ricevute, ma anche le opportunità che il settore offre.

Solo il 9% dichiara che questo era proprio il settore in cui aveva intenzione di approdare e per cui si è preparata o si sta preparando.

Non solo ruoli tecnici

La maggior parte delle professioniste (44%) ricopre soli tecnici della Cyber Security.

Il resto è suddiviso tra funzioni di marketing (10%), commerciali (7%), di amministrazione di sistema (7%), di ricerca (5%), ambito legale (5%), project management (4%), divulgazione (3%), amministrazione (2%), comunicazione (2%) e altre funzioni rappresentate in misura minore.

Una dimostrazione che la Cyber Security non è costituita solo da funzioni tecniche.

In prevalenza, le professioniste sono Collaboratrici (28%), Responsabili (25%), Consulenti interni (20%) o esterni (12%).

Solo una minoranza (5%) però ricopre una funzione dirigenziale C-Level (CEO, CIO, COO, CTO, …).

La disparità di genere non è un vero problema, forse!

È noto che quello dell’IT e della Cyber Security in particolare è un ambiente di lavoro prettamente maschile, ma questo contesto non sembra aver creato problemi alle cyber professioniste italiane.

La quasi totalità delle rispondenti (92%) non ha, infatti, riscontrato alcuna criticità nel contesto lavorativo, anzi, è rimasta indifferente (51%), l’ha accettato come sfida (23%) o l’ha addirittura trovato stimolante (18%).

La disparità di genere nel settore è quindi meno problematica nella realtà italiana di quanto immaginavamo.

Anche il tema del salario pare non essere troppo preoccupante, almeno non a livello di gender: il 39% ha dichiarato di ricevere una retribuzione pari rispetto a quella dei colleghi uomini.

La metà (49%) delle professioniste, inoltre, gode della stessa considerazione dei colleghi da parte dell’azienda, a dimostrazione che le competenze contano più della biologia, mentre solo un terzo lamenta di essere tenuta meno in considerazione professionalmente rispetto ai colleghi uomini.

Ci sono però altre tematiche che mettono in luce una situazione sulla quale è necessario intervenire maggiormente in futuro.

Quando si parla di tempistiche di carriera rispetto ai colleghi il 40% complessivamente non ha riscontrato differenze (34%) o ha goduto addirittura di una carriera più veloce dei colleghi (6%); mentre il 39% afferma invece che il proprio percorso professionale è stato più lento.

Risultato simile quando si analizzano le opportunità professionali: il 42% riconosce di aver avuto le stesse opportunità dei colleghi uomini, il 40% meno opportunità.

Il tema, quindi, resta dibattuto.

L’equilibrio lavoro – famiglia è, tuttavia, il classico nodo che viene al pettine e rappresenta il tema più sentito per le professioniste italiane della Cyber Security: per il quasi la metà (48%), infatti, la situazione è più problematica rispetto ai colleghi uomini.

È evidente che in un paese tradizionalista come l’Italia, la gestione familiare sia ancora eccessivamente a carico della donna, a riprova che c’è ancora molto lavoro da fare, e certamente non solo nella Cyber Security, per quanto riguarda la parità di genere sul lavoro.

Conclusioni

Il ritratto della Cyber Security femminile nazionale che emerge da questo sondaggio è certamente interessante e al tempo stesso rassicurante quanto meno in merito alle problematiche considerate più comuni.

La cyber professionista italiana risulta matura, mediamente colta, preparata e per niente intimidita dall’ambiente di lavoro prevalentemente maschile.

Restano delle problematiche da risolvere, come la gestione più equa degli obblighi familiari o una maggior presenza nelle posizioni dirigenziali.

Sono certa che le varie campagne di sensibilizzazione sul tema, sull’importanza della Cyber Security e sulle relative esigenze di mercato, produrranno notevoli effetti in futuro ed una presenza femminile nel settore ancora più massiva.

Buon lavoro!

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CYBERSICUREZZA NAZIONALE: ECCO COME L’ITALIA PROTEGGERÀ IL SUO PERIMETRO CYBER

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CYBERSICUREZZA NAZIONALE: ECCO COME L'ITALIA PROTEGGERÀ IL SUO PERIMETRO CYBER

L’Italia ha finalmente un’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), ovvero un organo governativo a cui verrà delegata la tutela degli interessi nazionali nel campo della Sicurezza Cyber.

Nata ad agosto 2021, l’agenzia è guidata da Robero Baldoni, già vice direttore del DIS (Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza), sotto la diretta responsabilità della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Arrivata in ritardo rispetto ad altri paesi (la Germania ha inaugurato la sua agenzia nel 1991, Israele nel 2002, la Francia nel 2006), l’agenzia italiana è già in piena attività, pronta a gestire l’informazione, la resilienza e la sicurezza del Paese in ambito informatico, oltre che la tutela della sicurezza nazionale nello spazio cibernetico.

L’ente si occuperà inoltre anche della certificazione dell’equipaggiamento (l’insieme di tutti i dispositivi informatici) attraverso il CVCN (Centro di Valutazione e Certificazione Nazionale).

La creazione di competenze in grado di difendere dagli attacchi le strutture strategiche italiane, dagli ospedali alla Pubblica Amministrazione, è una priorità per poter innalzare la Cyber resilienza del Paese.

A questo proposito, l’agenzia intende raggiungere i 300 collaboratori entro la fine del 2023, ma l’obiettivo più ambizioso è arrivare a circa 800 entro il 2027.

Progetti impegnativi quindi, che, nonostante il ritardo, sono già stati anticipati dalle attività passate, come la creazione del CSIRT (Computer Incident Response Team), per la segnalazione e la gestione proattiva degli incidenti.

Grazie al lavoro svolto all’interno del DIS, inoltre, è stato possibile porre le basi per costruire la resilienza cibernetica italiana e lavorare alla nascita dell’Agenzia delineando per la prima volta il “Perimetro di sicurezza nazionale cibernetica”.

Il Perimetro, operativo dal 23 giugno di quest’anno, comprende i soggetti, sia pubblici che privati, che, complessivamente, esercitano funzioni essenziali dello Stato (attraverso reti, sistemi informativi e servizi informatici), oppure erogano servizi essenziali per il mantenimento di attività civili, sociali ed economico-strategiche.

I soggetti identificati (233 al momento) dovranno, quindi, applicare le misure di sicurezza previste e notificare allo CSIRT italiano gli eventuali incidenti che si dovessero verificare.

Il terzo pilastro su cui si basa il “perimetro cyber” e che sarà attivo da giugno 2022, è costruito dallo scrutinio tecnologico grazie al sistema centrato sul CVCN.

Per innalzare il livello di sicurezza dello Stato è importante infatti assicurare la sicurezza, non solo dei sistemi, ma anche dei dispositivi utilizzati all’interno degli asset ICT strategici.

Non ci resta che augurare buon lavoro all’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale!

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